sabato 1 giugno 2013

Divergere

Dhemetra si stava rivestendo lentamente, ogni tanto gettava qualche occhiata in mia direzione e sorrideva con grazia e trasporto. Non ci incontravamo da un mese, le sue grosse responsabilità ed i miei impegni di lavoro ci avevano tenuti lontani. Benchè ogni sera che passavamo assieme andasse più o meno allo stesso modo, questa era destinata ad essere diversa ed entrambi sembravamo saperlo.
<Quel giornalista ti sta pedinando ancora?> le domando calando lo sguardo sulla sua figura semi nuda, armoniosa e in forma, come una prestigiosissima Dashi dovrebbe essere.
<No Bernie, problema risolto> risponde lei con grande naturalezza ed un sorriso serpentesco tra le guance rosee
<Bene>
Si volta verso di me mentre alza la zip del costoso vestito e fa per indossare anche le scarpe
<Non è stato complesso, era una testata giornalistica molto piccola: il caporedattore l’ha rimesso tra i ranghi; non ci darà più alcun fastidio>
Si siede ai piedi del letto, fissandomi con lo sguardo di chi sta con la mente ad anni luce da lì
<A cosa pensi Dhem?>
<Penso che sei cambiato Bernie>
Inspiro profondamente, mi tiro su meglio e scosto le coperte per sedermi a mia volta sul lato del letto. Inutile mentire a Dhemetra Ross, impossibile riuscire a nasconderle qualcosa.
<Può darsi, a cosa ti riferisci?>
Mi scocca un’occhiata perplessa e con un movimento fluido, delicato e sensuale si rimette in piedi: la sua carica erotica è nulla in confronto alla sua eleganza
<Bevi molto, Sei sempre di malumore, Non mi proponi più sortite nell’alta società per vedere come sta andando la black hole, non mi coinvolgi più nei tuoi affari>
Alzo lo sguardo per incrociare i suoi occhi e mi accorgo che è seria, quei momenti sembrano mancarle davvero, il guaio è che a me non mancano per niente
<Io non mi muovo più nella zona grigia, Dhem, non mi occupo più di quelle faccende>
<A quanto pare Declan Khan ti ha profondamente mutato>
La odia, lo so, lo sento, la invidia e tuttora mi chiedo il perché, di certo non può aver letto nella mia mente che la trovavo estremamente attraente.
<Declan Khan mi ha ridato la vita… io sapevo ed anche tu sapevi che sarei potuto cambiare, che avrei potuto vedere le cose in modo diverso>
<Ma così è troppo, ti ha trasformato, ti ha stravolto>
<Mi ha restituito un’anima>
Faccio un respiro profondo e mi rimetto la maglietta con calma, Dhemetra non dice nulla, incrocia le braccia al petto e rimane a fissarmi a lungo; sono io a riprendere parola
<Ed io le sono molto grato>
<… Ora disprezzi i criminali, disprezzi gli spacciatori, disprezzi i rampolli superficiali della società corer, appoggi l’Alleanza in progetti che renderanno il ‘Verse più soggiogato alla loro prepotenza… Per caso disprezzi anche me?>
Chiede con un velo di esasperazione. I nostri sguardi si incrociano per lunghi istanti; Dhemetra diventa fredda e distante. Io rispondo alla sua domanda, ma so che lei ha già letto la risposta sulle rughe del mio viso
<Si, al pari di me stesso>
Abbasso lo sguardo, riflettendo sulle mie emozioni
<Ma nonostante questo, continuo ad amarti>
<Qualche volta vorrei non sapere quando menti, mi renderebbe le cose più facili>
E’ tesa, triste, contrae le mani a pugni e trema leggermente; infine si placa e riprende parola
<Non cercarmi>
Imbracciata la borsetta, mi fa un inchino elegante e scompare dietro la porta. La stanza d’albergo rimane vuota e silenziosa, spengo le luci per far finta di non essere in quel luogo, di non esserci mai stato, di non aver vissuto quel momento.
La mattina mi sveglio e mi volto dall’altro lato del letto. Nel mio campo visivo entra la porta della stanza d’albergo, sotto la quale sbuca un foglio di carta. Non appena realizzo appieno di cosa si tratta, mi alzo, lo raccolgo e lo apro.


“Jasonville, tra un mese”

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