venerdì 20 settembre 2013

Claudia Neemar

E' uno di quei suoni nei sogni che lentamente ti riportano alla realtà.

<Bernie, ehi Bernie>

Apro gli occhi abituati all'oscurità e sdraiata accanto a me vedo mia sorella: il suo naso aquilino spicca dal volto magro e severo, i suoi grandi occhi azzurri sono puntati sul mio viso e le sue labbra sono così sottili che al buio può quasi sembrare un rettile.

<Ah, sei sveglio>

Io ho quattordici anni, Claudia Neemar è più grande di me di un anno, ma tra i due il più adulto sembro io.

<Cosa stavi sognando?>

Parla talmente piano e muove talmente piano la bocca che sembra che le parole scaturiscano da qualche punto nell'oscurità dietro di lei, è una situazione inquietante ed è una situazione che si ripete da parecchio tempo oramai, tanto che ci ho fatto l'abitudine.

<Non importa, non dirmelo>

Si volta a faccia in su, così faccio anche io con un lieve grugnito di disappunto per essere stato svegliato nel bel mezzo della notte, per l'ennesima volta.

<Io ho fatto un sogno molto strano>

Più la osservo più capisco che non siamo del tutto parenti. Questa idea ha cominciato a ronzarmi per la testa diversi mesi prima: i suoi lineamenti ed il suo carattere si discostano troppo dal mio. Mosso dalla curiosità ho spulciato tra i documenti di mio padre nel suo studio e prima che mi scoprisse sono riuscito a ottenere l'informazione che cercavo. Io e Claudia siamo fratellastri.

<... Mi stai ascoltando Bernie?>

Non gliel'ho ancora detto, forse dovrei, del resto ci diciamo sempre ogni cosa, forse è il momento. Non mi volto a guardarla mentre le racconto di punto in bianco la verità. Lei per lungo tempo rimane in silenzio. Forse è la reazione che mi aspetto, forse è persino la migliore che potessi aspettarmi. I minuti passano e l'oscurità mi ottunde i sensi.

<... Lo so>

Il suo sussurro mi sveglia di nuovo, è più vicina ora, la sua testa appoggiata sulla mia spalla, la sento debole, ma non la sento affatto triste. La sua gamba destra scivola sopra le mie e la sua mano che prima mi stava accarezzando il viso, scende sul mio torace. Ho un sussulto, ma non riesco a muovere un muscolo, intimorito con la coda dell'occhio la osservo. E' nuda.

<Ho fatto un sogno molto strano, Bernie>

La sua gamba scivola oltre le mie, il suo gomito sinistro si appoggia sul materasso e fa forza. Il suo corpo leggero si solleva piano per scivolare sopra il mio, sfiorandomi appena; i suoi seni si schiacciano contro il mio petto, le sue mani scivolano sul mio viso afferrandomi i capelli.

<Eravamo io e te, vicino al vecchio vigneto, sotto un cielo stellato...>

Le sue labbra sono così vicine al mio orecchio che le sento sfiorarmi mentre parla. Non ho la forza di reagire, è così che le sue mani mi abbassano i pantaloni indisturbate. La sento scivolare sopra di me, sale un poco mentre continua a sussurrarmi, il respiro che diventa un poco più rapido.

<Eravamo io... e te>

La sento premere il suo corpo sul mio addome, mentre scende lentamente; il calore mi avvolge le membra, lei ansima piano ed espira con forza; l'eco del suo respiro è così intimamente violento che divento sordo ad ogni altra cosa. Sale e scende di nuovo e poi ancora e ancora, le mani che si serrano sulle mie braccia con una forza rapace, la bocca che si sposta dal lobo dell'orecchio all'incavo tra spalla e collo. Le mie mani si muovono, si posano sui suoi glutei sodi e la spingono ancora più forte.

Quando nostro padre lo scopre, va su tutte le furie, picchia così forte mia sorella da farle confessare che ero stato io a costringerla, che ero io il bastardo tentatore. Mentre vengo punito per una violenza che non ho commesso, incontro il volto di Claudia, seduta in un angolo della stanza. Il mio silenzio la distrugge.

Eravamo, io e te