sabato 8 giugno 2013

Sulla Spiaggia

Electra sta andando a prendere il thor, si è offerta di darmi un passaggio fino al mio appartamento.
La attendo sulla spiaggia con Cane ed osservo un orizzonte scuro che si distingue dalla distesa immensa del mare per l'assenza del riflesso della luna.
Seduto, affondo i piedi nella sabbia, sentendo il fresco scorrermi per le piante sino ai polpacci; tiro un respiro profondo ed appoggio la mancina sul testone dell'animale.
Tra il gorgoglio di un'onda e l'altra mi ricordo di come è cominciato e poi finito il rapporto con Mika, parecchi anni fa.

A quel tempo ero un dottorando, avevo venticinque anni e solevo passeggiare per i giardini dell'ateneo nei rari momenti di pausa tra una lezione e l'altra. Era una brutta giornata, nuvole scure si erano ammassate nel cielo e non mancò molto che cominciò a piovere. I giardini dell'ateneo dell'università di Capital City erano per lo più simili ad un enorme foresta: difficile pensare di arrivare sotto un porticato senza essere inzuppati fino al midollo. Correvo a testa bassa, con la cartella sottobraccio e dopo qualche minuto, le fitte fronde di un albero diventarono un luogo attraente sotto il quale rifugiarsi, così deviai dalla direzione originaria e mi misi sotto il grosso albero. Stavo cominciando a scuotermi per togliermi un po' d'acqua di dosso, quando accanto a me si affiancò un'altro studente. Una studentessa a dire il vero. Valutai che il temporale sarebbe durato almeno qualche ora e non avevo certo la minima intenzione di passarla in silenzio.
"Cosa studi?"
La domanda uscì in fretta, un po' roca, seguita da un colpo di tosse. La studentessa si voltò verso di me e sfoggiò un sorriso leggero, sufficiente a farmi capire che intendeva rispondere alla mia domanda, ma sufficiente anche a farmi capire che mi stava rispondendo per essere cortese.
"Sono al secondo anno di Scienze Politiche, tu invece?"
"Sono un dottorando in microbiologia e genetica"
Il mio cervello stava realizzando che non era male: carina, un po' alta per la media, quasi quanto me, aveva il naso leggermente a punta, grandi occhi azzurri e capelli corti e scuri; ciò che non mi consentiva di staccarle gli occhi di dosso era il suo portamento fiero. Forse non ero nemmeno troppo male anche io, perchè decise di mostrare un interesse maggiore nella conversazione.
"Materia affascinante, su cosa baserai il tuo lavoro di dottorato?"
"Utilizzo dei microorganismi per il miglioramento genetico; se il mio lavoro sarà sufficientemente valido potrò ottenere un impiego di prestigio nel settore zootecnico"
Ci scambiamo qualche parola sui nostri indirizzi di studio, passa una decina di minuti prima che lei cambi argomento.
"... Sai anche dire quanto dura un temporale?"
Sorrisi io questa volta, un sorriso compiaciuto e di sfida, benchè la meterologia non fosse il mio campo di studi.
"Uhm"
Sposto lo sguardo in alto, mi sporgo lievemente per osservare il cielo e riprendo parola.
"Almeno un'ora e venticinque minuti"
Le dico serio; lei pare soppesare la risposta come uno stratega studia un campo di battaglia, poi mi sorride.
"Immagino che sia in ballo una scommessa"
"Suppongo di si"
"Posta in palio?"
Rifletto un momento.
"Un pranzo?"
"Facciamo un bacio?"
Lei sorride, con quella delicatezza che tiene i miei occhi incollati ai suoi.
"Ardua scelta..."
Entrambi ridacchiamo, poi sono io a riprendere la parola mentre lei raddrizza i suoi quaderni sottobraccio.
"Se vinco io mi concederai un bacio, se invece vinci tu sarò io a concedertelo"
Accentuo il sorriso, lei mi osserva aggrottando la fronte.
"Così è irrilevante chi vinca o meno"
"Credo che arrivati all'idea di concedere un bacio, sia irrilevante l'argomento scommessa"
"oh no, non lo è affatto… Io sono Mika"
"Bernardo"
Porgo la destra liberandola dai libri, lei fa lo stesso.
"Dunque Mika, facciamo che se vinco io mi merito un bacio, se vinci tu ti offrirò un pranzo"
"Facciamo il contrario"
"Sounds Fair!"
Stringe la mia mano con sicurezza e delicatezza, io sono forse un po' più rude, ma non sembra darci alcun peso.
Un'ora e quindici minuti dopo lei riscosse il pagamento della scommessa, non che io ne fossi scontento, piuttosto ero deluso dalle equazioni di Kroenger sulla stima dei tempi delle precipitazioni atmosferiche.

Electra lampeggia con i fari del thor in mia direzione, sulla spaiggia, vedo a tratti la mia ombra che si allunga e scompare inghiottita dall'oscurità. Mi alzo e mi avvio, recuperando i mocassini.

Tanto bello e genuino era cominciato il mio rapporo con Mika, tanto insipido e triste terminò. Poco dopo che ci fummo sposati, mi colpì la malattia ereditaria che aveva colpito mio padre. In breve tempo fu difficile per me camminare, ma non fu quello che distrusse la mia relazione con mia moglie. Fu l'ossessione per la ricerca di una cura che mi allontanò da lei. Mi diceva che non dovevo preoccuparmi, che avevo lei accanto, che avrei potuto avere un figlio e vivere felice ancora per molti anni.
Erano tutti discorsi che non mi sfioravano minimamente e più lei mi diceva che non era importante trovare una cura, ma vivere bene il resto della vita, più io capivo che non la amavo.
Una sera ci fu la classica litigata, lei mi rinfacciava di aver perso cinque anni della mia vita viaggiando per il ‘Verse a cercare una cura, mentre avrei potuto spenderli standole accanto; io le ho rinfacciato la sua quasi totale mancanza di supporto per la mia condizione...
Alla fine se ne andò, la mia tenuta a Greenfield divenne improvvisamente grande e silenziosa.

Il thor si si muove lento per le vie di una Capital City notturna, il traffico è moderato, molte persone affollano le strade davanti ai locali. Electra guida tendenzialmente con calma, imprecando ogni tanto contro qualche utente della strada che non è abbastanza rapido nel fare le proprie manovre.
La osservo ogni tanto, ammiro il suo profilo e non posso fare a meno di pensare che ha la metà dei miei anni ed è già così rovinata nella sua salute e quindi nella sua bellezza.
Quando torno a guardare la strada sto pensando a Silver, fisso una passante che attraversa come se fosse lei, probabilmente il mio non era uno sguardo gentile perché quella mi getta un’occhiata a metà tra il torvo e l’iracondo. Non posso fare a meno di disprezzare, è abbastanza irrilevante che ne abbia o meno il diritto. Non posso fare a meno di provare delusione.
Quel concatenamento di pensieri mi porta a Nancy. Speravo che non diventasse come me, che non diventasse come Electra, invece è stata trasformata esattamente come è successo a noi. Sono intrecciato a Nancy e lei a me con i nostri rispettivi segreti. Penso che non mi sarebbe dispiaciuto frequentarla, se fosse rimasta genuina come era all’inizio.
La genuinità perduta di Nancy mi conduce a Dragan…
<Bernardo, non stai bene?>
Mi volto a guardare Electra che a tratti scambia sguardi con me mentre guida.
Penso a lei, a Nancy, penso che amo e disprezzo entrambe perché in fondo sono come me, come Dhemetra.
Potrei dirlo, gli occhi dubbiosi di Electra avrebbero la risposta che da tanto tempo vorrei darle; potrei dirle che farmaco ho inventato per combattere il mondo della droga, per combattere, di fatto, Hall Point. Penso anche che potrei accennarle agli incroci genetici, il mio modo per creare un universo senza criminalità, il mio universo.
Penso che, anche se sto combattendo contro di loro, contro Hall Point, potrei dirle che sto facendo tutto questo perché la amo e perché amo Nancy
<Sono solo un po’ stanco>

… Questa è la risposta di un traditore, questa è la risposta di chi ama. Questa è la mia risposta.

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