Electra sta andando a prendere il thor, si è
offerta di darmi un passaggio fino al mio appartamento.
La attendo sulla spiaggia con Cane ed osservo
un orizzonte scuro che si distingue dalla distesa immensa del mare per
l'assenza del riflesso della luna.
Seduto, affondo i piedi nella sabbia, sentendo
il fresco scorrermi per le piante sino ai polpacci; tiro un respiro profondo ed
appoggio la mancina sul testone dell'animale.
Tra il gorgoglio di un'onda e l'altra mi
ricordo di come è cominciato e poi finito il rapporto con Mika, parecchi anni
fa.
A quel tempo ero un dottorando, avevo
venticinque anni e solevo passeggiare per i giardini dell'ateneo nei rari
momenti di pausa tra una lezione e l'altra. Era una brutta giornata, nuvole
scure si erano ammassate nel cielo e non mancò molto che cominciò a piovere. I
giardini dell'ateneo dell'università di Capital City erano per lo più simili ad
un enorme foresta: difficile pensare di arrivare sotto un porticato senza
essere inzuppati fino al midollo. Correvo a testa bassa, con la cartella
sottobraccio e dopo qualche minuto, le fitte fronde di un albero diventarono un
luogo attraente sotto il quale rifugiarsi, così deviai dalla direzione
originaria e mi misi sotto il grosso albero. Stavo cominciando a scuotermi per
togliermi un po' d'acqua di dosso, quando accanto a me si affiancò un'altro
studente. Una studentessa a dire il vero. Valutai che il temporale sarebbe
durato almeno qualche ora e non avevo certo la minima intenzione di passarla in
silenzio.
"Cosa studi?"
La domanda uscì in fretta, un po' roca,
seguita da un colpo di tosse. La studentessa si voltò verso di me e sfoggiò un
sorriso leggero, sufficiente a farmi capire che intendeva rispondere alla mia
domanda, ma sufficiente anche a farmi capire che mi stava rispondendo per
essere cortese.
"Sono al secondo anno di Scienze
Politiche, tu invece?"
"Sono un dottorando in microbiologia e
genetica"
Il mio cervello stava realizzando che non era
male: carina, un po' alta per la media, quasi quanto me, aveva il naso leggermente
a punta, grandi occhi azzurri e capelli corti e scuri; ciò che non mi
consentiva di staccarle gli occhi di dosso era il suo portamento fiero. Forse
non ero nemmeno troppo male anche io, perchè decise di mostrare un interesse
maggiore nella conversazione.
"Materia affascinante, su cosa baserai il
tuo lavoro di dottorato?"
"Utilizzo dei microorganismi per il
miglioramento genetico; se il mio lavoro sarà sufficientemente valido potrò
ottenere un impiego di prestigio nel settore zootecnico"
Ci scambiamo qualche parola sui nostri
indirizzi di studio, passa una decina di minuti prima che lei cambi argomento.
"... Sai anche dire quanto dura un temporale?"
Sorrisi io questa volta, un sorriso
compiaciuto e di sfida, benchè la meterologia non fosse il mio campo di studi.
"Uhm"
Sposto lo sguardo in alto, mi sporgo
lievemente per osservare il cielo e riprendo parola.
"Almeno un'ora e venticinque minuti"
Le dico serio; lei pare soppesare la risposta
come uno stratega studia un campo di battaglia, poi mi sorride.
"Immagino che sia in ballo una
scommessa"
"Suppongo di si"
"Posta in palio?"
Rifletto un momento.
"Un pranzo?"
"Facciamo un bacio?"
Lei sorride, con quella delicatezza che tiene
i miei occhi incollati ai suoi.
"Ardua scelta..."
Entrambi ridacchiamo, poi sono io a riprendere
la parola mentre lei raddrizza i suoi quaderni sottobraccio.
"Se vinco io mi concederai un bacio, se
invece vinci tu sarò io a concedertelo"
Accentuo il sorriso, lei mi osserva
aggrottando la fronte.
"Così è irrilevante chi vinca o
meno"
"Credo che arrivati all'idea di concedere
un bacio, sia irrilevante l'argomento scommessa"
"oh no, non lo è affatto… Io sono Mika"
"Bernardo"
Porgo la destra liberandola dai libri, lei fa
lo stesso.
"Dunque Mika, facciamo che se vinco io mi
merito un bacio, se vinci tu ti offrirò un pranzo"
"Facciamo il contrario"
"Sounds Fair!"
Stringe la mia mano con sicurezza e delicatezza,
io sono forse un po' più rude, ma non sembra darci alcun peso.
Un'ora e quindici minuti dopo lei riscosse il
pagamento della scommessa, non che io ne fossi scontento, piuttosto ero deluso
dalle equazioni di Kroenger sulla stima dei tempi delle precipitazioni
atmosferiche.
Electra lampeggia con i fari del thor in mia
direzione, sulla spaiggia, vedo a tratti la mia ombra che si allunga e scompare
inghiottita dall'oscurità. Mi alzo e mi avvio, recuperando i mocassini.
Tanto bello e genuino era cominciato il mio
rapporo con Mika, tanto insipido e triste terminò. Poco dopo che ci fummo
sposati, mi colpì la malattia ereditaria che aveva colpito mio padre. In breve
tempo fu difficile per me camminare, ma non fu quello che distrusse la mia
relazione con mia moglie. Fu l'ossessione per la ricerca di una cura che mi
allontanò da lei. Mi diceva che non dovevo preoccuparmi, che avevo lei accanto,
che avrei potuto avere un figlio e vivere felice ancora per molti anni.
Erano tutti discorsi che non mi sfioravano
minimamente e più lei mi diceva che non era importante trovare una cura, ma
vivere bene il resto della vita, più io capivo che non la amavo.
Una sera ci fu la classica litigata, lei mi
rinfacciava di aver perso cinque anni della mia vita viaggiando per il ‘Verse a
cercare una cura, mentre avrei potuto spenderli standole accanto; io le ho
rinfacciato la sua quasi totale mancanza di supporto per la mia condizione...
Alla fine se ne andò, la mia tenuta a
Greenfield divenne improvvisamente grande e silenziosa.
Il thor si si muove lento per le vie di una
Capital City notturna, il traffico è moderato, molte persone affollano le
strade davanti ai locali. Electra guida tendenzialmente con calma, imprecando
ogni tanto contro qualche utente della strada che non è abbastanza rapido nel
fare le proprie manovre.
La osservo ogni tanto, ammiro il suo profilo e
non posso fare a meno di pensare che ha la metà dei miei anni ed è già così
rovinata nella sua salute e quindi nella sua bellezza.
Quando torno a guardare la strada sto pensando
a Silver, fisso una passante che attraversa come se fosse lei, probabilmente il
mio non era uno sguardo gentile perché quella mi getta un’occhiata a metà tra
il torvo e l’iracondo. Non posso fare a meno di disprezzare, è abbastanza
irrilevante che ne abbia o meno il diritto. Non posso fare a meno di provare
delusione.
Quel concatenamento di pensieri mi porta a
Nancy. Speravo che non diventasse come me, che non diventasse come Electra,
invece è stata trasformata esattamente come è successo a noi. Sono intrecciato
a Nancy e lei a me con i nostri rispettivi segreti. Penso che non mi sarebbe
dispiaciuto frequentarla, se fosse rimasta genuina come era all’inizio.
La genuinità perduta di Nancy mi conduce a
Dragan…
<Bernardo, non stai bene?>
Mi volto a guardare Electra che a tratti
scambia sguardi con me mentre guida.
Penso a lei, a Nancy, penso che amo e
disprezzo entrambe perché in fondo sono come me, come Dhemetra.
Potrei dirlo, gli occhi dubbiosi di Electra
avrebbero la risposta che da tanto tempo vorrei darle; potrei dirle che farmaco
ho inventato per combattere il mondo della droga, per combattere, di fatto,
Hall Point. Penso anche che potrei accennarle agli incroci genetici, il mio
modo per creare un universo senza criminalità, il mio universo.
Penso che, anche se sto combattendo contro di
loro, contro Hall Point, potrei dirle che sto facendo tutto questo perché la
amo e perché amo Nancy
<Sono solo un po’ stanco>
… Questa è la risposta di un traditore, questa
è la risposta di chi ama. Questa è la mia risposta.
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