sabato 5 ottobre 2013

4 o'clock

3:54
Ci siamo incontrati verso le undici, dopo il lavoro, l'hotel è diverso, il modo di arrivarci anche.
Appena sono entrato lei era lì ad aspettarmi, non ci siamo detti quasi niente, e lei mi si è fiondata addosso.

3:55
Mi trovo in bagno e sto fissando l'ampio specchio; dalla finestra entra la luce di una luna piena che mi permette di vedere nella semioscurità i tratti grossolani della mia faccia. Anche se non lo sto vedendo ora, so com'è il mio sguardo: senza luce, senza eccessi, calmo, stanco, colpevole. Non è lo sguardo di Mullin Lee Carter.

3:56
Rivivo il primo nostro incontro, non mi accade spesso, ma qualche volta ricordo il primo progetto che abbiamo portato avanti insieme; ricordo come mi guardava, ricordo di come le avevo sussurrato un segreto: vede dottoressa, non è un processo cosciente, è come se ogni sostanza chimica mi sussurrasse cosa fare. Non è come cercare un oggetto in una scatola, è come se all'improvviso una luce mi colpisse. E così io so.

3:57
Rivivo il momento in cui ero ubriaco su uno dei tavoli dell'Afterlife; lei è entrata e si è seduta di fronte a me. Più rifiutavo di volerle parlare, più rifiutavo di smettere di bere, più lei si trasformava in me, per farmi comprendere quanto orribile io fossi in quello stato. Lei era il mio vero specchio.

3:58
E' così che ieri, riflesso nello specchio degli occhi della dottoressa, ho visto cosa tutta questa recita sta comportando; ho visto la commistione del vero me e della maschera che indosso, l'ho vista come se avessi potuto toccarla e spostarla. Improvvisamente il mondo confuso di Mullin Neemar o di Bernardo Carter ha cominciato a ordinarsi, ogni cosa è tornata al proprio posto... o quasi.

3:59
E credo di credere in un Dio, non quello cristiano, nè quello musulmano; in fondo non ha molta importanza, Dio è Dio.

4:00
Sono tornato a letto, il sole sta per sorgere all'orizzonte. La abbraccio mentre dorme, le sussurro dolci parole; lei si contorce sensualmente mentre si sveglia. Le dico che sta per albeggiare, che sarebbe meglio che ci separassimo per tornare al lavoro.

4:00
Mi risponde che si prende un giorno di ferie, poi mi bacia. Io l'abbraccio.

E' l'orologio del fallimento che ancora una volta si è fermato.

martedì 1 ottobre 2013

The Serpent Mage

<Dottor Lothar, Dottoressa Lacroix>

Un uomo e una donna, il primo alto stempiato, con i capelli ingrigiti e lo sguardo freddo, la seconda alta e giovane, capelli neri, probabilmente tinti dato il riflesso artificiale che emanano.
La dottoressa Lacroix è una bella donna, non c'è che dire, e il profumo che dirama da lei è fresco e impegnativo.
Mi siedo al tavolo della conferenza, sono il responsabile di una delle sezioni di ricerca e sviluppo della Flotta dell'Alleanza, è tempo di guerra, abbiamo bisogno di tecnologie, di brevetti.
La società per cui lavora il dottor Lothar, la SciTAB, lo sa fin troppo bene, sono qui per questo.
Assieme a noi tre, il colonnello Faven e il maggiore Miles dell'Ottava, oltre al fedele e sempre presente Cane.
La conferenza procede senza intoppi, dopo una breve introduzione alla tecnologia che ci vogliono proporre, la dottoressa Lacroix espone nel dettaglio il brevetto, spiegandone i punti di forza, sorvolando un po' sulle debolezze, che a me tuttavia risultano ben chiare.
Sono seduto almeno da un quarto d'ora e la gamba comincia a far male, faccio forza sul bastone da passeggio e mi isso in piedi, tutti zittiscono un istante, io faccio cenno che non è nulla e l'esposizione procede.

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<Il brevetto è interessante dottoressa Lacroix>

Sto parlando con la dottoressa, la conferenza è finita da qualche minuto e i due ufficiali stanno parlando con il professor Lothar. Cane è seduto al mio fianco ed ansima all'apparenza contento.

<La ringrazio Dottor Neemar>

Ha in mano un bicchiere di carta eppure lo sostiene come se stesse reggendo un calice di cristallo; una strana eleganza proviene da quella donna, l'eleganza tipica dei nativi di Greenfield, un'eleganza selvatica e quasi rude.
Nella dottoressa Lacroix questa eleganza straniante è senza dubbio un punto di forza.

<E' stata una sua idea?>

<Difficile crederlo?>

<Difficile non invidiarla, dottoressa>

Lei sorride, forse compiaciuta che il suo affondo sessista non sia andato a buon fine.
Sorrido anche io mentre una smorfia di evidente sofferenza mi attraversa la faccia e sono costretto a scusarmi per trovare un posto dove sedermi.
Appoggio le natiche al bordo del tavolo della conferenza, spostandolo di qualche centimetro con un sordo rumore di trascinamento.

<Il tempo è clemente questa sera, a Capital City, le andrebbe un drink?>

Segue un cenno di assenso destinato a rendere meno pesante la mia serata.

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Siamo in uno dei locali di Capital City, non ricordo nemmeno bene dove, ricordo soltanto che parlammo per tutta la notte. Punti di vista differenti, competenze complementari, posizioni radicali. Fu toccato ogni argomento possibile.
Arrivò anche il momento in cui, non so bene perchè, ci imbarcammo in uno strano gioco di indagine.

<Lei è stato sposato dottor Neemar, ha il segno della fede sull'anulare sinistro>

Il mio volto non tradisce emozioni mentre faccio roteare lentamente il whiskey nel bicchiere.

<Lei ha trovato l'amore in guerra, dottoressa Lacroix>

Rimane piuttosto colpita da quella che crede essere una mia deduzione; io sorrido malignamente, investendomi implicitamente di chissà quali poteri mistici e divinatori.

<Come diamine fa a saperlo?>

<Ho tirato a indovinare>

<Lo fa spesso?>

<Mai sulle cose importanti>

Quello scambio rapido di battute è come se mi stremasse di colpo. Rilasso le spalle e mi appoggio allo schienale della sedia. un rivolo di sudore mi scende dalla fronte.

<Non si sente bene dottor Neemar?>

La dottoressa è già in piedi e ha trascinato la sua sedia vicino alla mia, so che per tutto il giorno ha soppesato le mie condizioni di salute ed ora ha preso qualcosa dalla borsa, un fazzoletto.

<Prego, dottor Neemar lei deve farsi visitare>

<Non serve... grazie>

Mi detergo la fronte ed il volto, il mio viso è attraversato da un'altra smorfia di sofferenza, poi tutto passa e il pallore lentamente scompare.
La dottoressa non è convinta, così mi fa altre domande, le parlo della mia malattia.
Cane, rimasto silenzioso fino a quel momento, appoggia il muso sulle mie gambe, io lo guardo con dolcezza e sentimento.

<Ho sentito che la chiamano il Mago Serpente>

Dice ad un tratto; io la scruto a fondo, mentre finisco il mio whiskey

<vuole sapere perchè?>

<si, trovo sia curioso>

Le racconto allora del brevetto che ci hanno appena mostrato, le sviscero ogni difetto che non hanno esplicitamente enunciato, le spiego perchè l'azienda per cui lavora, la SciTAB, non venderà quel brevetto all'Alleanza, le spiego anche perchè l'hanno proposto a noi.
Più io parlo, più Victoria acquisisce una certa consapevolezza dell'uomo che si trova di fronte.

<Sa dottor Neemar, le sue deduzioni sono interessanti>

<Non tiro mai ad indovinare su queste cose>

Passa qualche lungo attimo di silenzio, anche la dottoressa finisce il suo drink

<Ha proprio un bel cane, dottor Neemar>

<Credo che se potesse, la ringrazierebbe>

Accarezza la testa pelosa del Bloodhound, che Cane ricambia con un paio di lappate al dorso della mano.

<Ed è importante per lei>

Difficile non capirlo del resto, la mia simbiosi con lui è così evidente.

<Mi ha insegnato a non giudicare la mia condizione a non dipingerla con un colore, ma a vederla per quella che è. Lui è il mio punto fermo e il mio vero bastone>

<Voler giudicare rende deboli>

Parlammo di Dio e delle religioni a lungo, parlammo di come fosse possibile credere in quei miti e in quelle storie fantasiose.

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Ora, riesaminando il mio passato, provo un grande senso di disagio a pensare di essere stato salvato una volta dall'assenza di un giudizio e l'altra dalla certezza di un giudizio.

Forse non è giudicare che che rende deboli.
Forse è la debolezza che distrugge ciò che c'è di buono nel giudizio.