domenica 14 luglio 2013

Born

John Neemar siede accanto al letto della donna che nove mesi prima aveva messo incinta.
E' una donna discretamente bella e probabilmente è la sua unica qualità, John la fissa nel sonno, ripassando mentalmente tutte le possibilità che si sarebbero potute realizzare una volta che si fosse svegliata.
Nessuna delle possibilità sembra piacergli particolarmente.
"Dov'è il bambino?"
John alza lo sguardo, l'espressione rugosa e seria.
"Lo stanno visitando, per ora va tutto bene"
Lei si volta a guardarlo.
"Io non lo voglio"
"Sei convinta a procedere su questa via, allora"
Sospira, si volta a guardare il soffitto non senza una certa fatica, il parto non era stato privo di qualche complicazione.
"Si, avevamo un accordo in tal senso"
Lean Arrow, le cosce di una ballerina del Crazy Horse Saloon di Greenfield: è questo il primo pensiero che sfiora la mente di John mentre osserva la donna che ha appena disconosciuto suo figlio.
"Sarai una sconosciuta per lui e non gli dirai che sei sua madre; penserò io alle sue necessità"
La ballerina aveva sempre detestato i bambini e la gravidanza non le aveva fatto cambiare idea in merito; l’aveva sopportata solo perché John Neemar l’aveva costantemente retribuita. Non nutriva nessun attaccamento per quell’uomo, anzi lo odiava nel profondo perché riusciva a tenerla avvinta con il profumo dei soldi.
“Sei deciso a tenerlo quindi”
“Hai conosciuto Stella Neemar, Lean, sai come ci muoviamo in queste cose”
“Hai già scelto un nome?”
“Credevo non ti importasse”
“… infatti non mi importa, è solo per dimenticare i dolori post operatori”
John scruta a fondo la figura della ballerina, non ci vuole un genio per capire che sta mentendo. Di lì a poco si alza facendo perno sul bastone da passeggio; la malattia genetica non era ancora in uno stadio avanzato.
“Gli racconterò che l’hanno abbandonato sulla porta di casa mia e che l’ho adottato”
Lean sospira voltandosi dalla parte opposta.
“Mi sembra che regga, ma quando avrà raggiunto una certa età questa storia farà acqua da tutte le parti”
“Non resta che augurarmi che per allora tu sia già morta”
John si volta e muove i primi passi assistiti dal bastone verso l’uscita della camera.
Lean voltata verso la finestra della stanza rimanein silenzio.

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“E’ un bel bambino, come lo vuole chiamare?”
John sta dietro il vetro che lo separa dalla stanza dei neonati, osserva suo figlio, il prodotto dei suoi lombi, mentre dorme tranquillo. Di fianco altri bambini, facce senza senso, corpi senza differenza se non per un organo genitale abbozzato tra le gambe ed una tutina di colore diverso.
Non aveva ancora pensato ad un nome, osservò la targhetta del bambino di fianco al suo, questo era lo sforzo massimo che intendeva dedicare alla ricerca di un nome.
“Bernardo”

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