mercoledì 1 gennaio 2014

A twisted medicine

Cristobal è nato qui, tra le strade tortuose e sporche dei quartieri poveri di Maracay; vie che mi trovo a percorrere ora, con la neve battente ed abiti fin troppo leggeri per il clima rigido.
Vesto grigio scuro di solito, una giacca a coprirmi le spalle ed il medikit nella destra, sempre inevitabilmente sfornito di qualcosa; sotto gli abiti, riposta nella fondina ascellare c'è l'affidabile semiautomatica Blue Sun.
Se qualcuno cercasse Mullin Lee Carter non lo troverebbe di certo quaggiù: la mia faccia è completamente priva di barba, mi sono bruciato con l'acido il lato sinistro, in corrispondenza dell'occhio cieco, ora attraversato da una cicatrice bianca piuttosto vistosa e per quanto riguarda l'IDN, me ne sono procurato uno falso, da me. Non è la miglior copertura possibile, ma è quella che meglio posso gestire.
Ho ancora qualche difficoltà con l'accento e con il modo di vestirmi, sembra che avere gli abiti giusti non sia sufficiente: c'è un modo particolare di portarli, una disinvoltura e dei dettagli di moda che a me mancano, ma ci sto lavorando.
Sto camminando da qualche minuto, i residui dei festeggiamenti della notte passata sono riversati tutti nelle strade. Il capodanno a Maracay si festeggia in modo povero, ma molto vistoso: la comunità cattolica è vasta e radicata e nonostante la costante presenza della piaga della droga che aleggia come un corvo a tre occhi su ogni abitante delle immense baraccate, nessuno perde l'occasione di essere felice, almeno uno o due giorni all'anno.
Mentre cerco la baracca verso cui sono stato dirottato da un disperato presentatosi alla mia porta nel cuore della notte, penso a tutto ciò che ho scoperto sul mondo della droga fino ad ora.
Chi pensa che le vittime del mercato della droga risiedano nei mondi più evoluti sta sbagliando di grosso; le conseguenze peggiori ci sono sui pianeti in cui la droga viene prodotta.
Innanzitutto ci sono molti corrieri: ragazzini che non appena sono in grado di camminare o correre, vengono venduti dalle famiglie alle cosche criminali locali, nella speranza di guadagnare qualche soldo per poter mangiare. Il compito dei corrieri è portare messaggi scritti o qualsiasi altra cosa, il più rapidamente possibile da un punto ad un altro. A Maracay si dice che gli spiriti demoniaci privino della parola tutti i bambini venduti dai genitori. Ho scoperto con mio grande orrore che non sono gli spiriti demoniaci a farlo, ma gli stessi aguzzini per cui lavorano: tagliano loro la lingua con un ferro rovente e a svolgere questa pratica ci sono degli specialisti che nemmeno Dio sa a quale demone hanno venduto l'anima.
Nel migliore dei casi il bambino sopravvive, perdendo completamente la capacità di parlare, che unita all'incapacità di scrivere e leggere lo rendono un perfetto e ligio collaboratore.
Ma anche quando sopravvive, le torture che deve sopportare non sono finite. Per assicurarsi che tornino sempre da loro e che portino a termine gli incarichi assegnati, i criminali li rendono dipendenti da sostanze stupefacenti create dai residui chimici dei composti impiegati per la creazione delle droghe destinate al commercio interplanetario. Uno di questi mostri contro cui sto combattendo da mesi oramai è il Nyusu, che tradotto dal dialetto locale vuol dire Possessione, Dominio, Condanna: è una droga che allevia i sintomi della fame e rende sensorialmente molto reattivi agli stimoli esterni, ma crea una fortissima dipendenza fisica dopo le prime assunzioni.
Sono arrivato.
La porta della baraccata presso cui devo prestare soccorso è davanti ai miei occhi; qui stando a quanto mi hanno detto c'è uno di questi corrieri, un ragazzino che ha lavorato per anni alle dipendenze delle cosche ed ora che è cresciuto abbastanza è riuscito a comprare la sua libertà; ma i segni che il Nyusu ha lasciato sul suo corpo e sulla sua anima sono quasi indelebili.
Apro la porta dopo aver bussato un paio di volte, vedo poche facce smunte ad osservarmi, ma non le catalogo nemmeno; non faccio in tempo a dire nulla che mi dirigono subito verso il letto, dove il ragazzino sta respirando a fatica, preso dalle convulsioni.
Spiccico qualcosa nel dialetto locale, sembrano capirmi perchè si fanno da parte e mi procurano una scodella di acqua fresca, ovviamente sporca.
Mentre apro il medikit penso che sono settimane che sto lavorando ad un farmaco contro le crisi convulsive causate nel lungo periodo del Nyusu; nessuno dei ragazzini a cui l'ho somministrato è riuscito a sopravvivere nè a migliorare, ma sento che questa è la volta buona.
Afferro la mascella del bambino e impongo ai parenti o a chiunque siano quelli presenti attorno, di tenerlo fermo bloccandogli gambe e braccia. Quando l'ago della siringa si conficca nel petto ed il farmaco fluisce nei vasi sanguigni, tutti smettono istantaneamente di respirare.
Le convulsioni rapidamente diminuiscono di intensità fino a cessare del tutto; il respiro si fa regolare anch'esso, lento... sempre più lento... fino a fermarsi del tutto.
Mi scosto dalla branda sudicia e povera, il mio unico occhio si posa sullo scarno mobilio di sesta mano presente nella baracca prima di incontrare uno ad uno gli sguardi dei presenti.
Appoggio indice e pollice sulle palpebre del bambino, devo abbassarle tre volte prima che rimangano giu senza riaprirsi.
Nessuno dice niente, sanno che ho fatto tutto ciò che potevo, qualcuno probabilmente mi ringrazierebbe anche per aver concesso un singolo momento di pace a quella povera creatura prima che spirasse.
Ma quel bambino è morto ed io l'ho ucciso con ciò a cui ho dato il via in passato.

Devo rivedere questa formula, il farmaco deve funzionare al più presto.

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