sabato 1 febbraio 2014

A Twisted Foe

Il metallo che preme contro la mia tempia destra è freddo.
Qualcuno dice che nel momento finale della propria vita, si ripensi a tutto ciò che è stato, tutto ciò che sarebbe potuto essere e tutto ciò che non sarà.
E' una bella metafora per chi vuole insaporire il momento della morte, dargli un'aria solenne e importante; in fondo si dice sia il momento della redenzione o della condanna, il momento in cui ogni colpa viene catapultata davanti agli occhi in modo violento e chiaro.
Ma a parte il volto contratto e crudele del securer che mi fissa torreggiando dall'alto, io non vedo nulla; sento mia un'unica parola:

Fanculo

BLAM

... Le coincidenze sono figure, piani, punti che si sovrappongono, si trovano a coesistere nello stesso spazio e nello stesso tempo. Nascono con la semplicità con cui nascono i vermi: adulte, formate e emergono sul terreno della realtà nei giorni di pioggia.

La pioggia cadeva violenta e senza pietà sulle strade di Maracay, donando alla città un'aria terribile e tetra. Le attività criminose andavano avanti senza sosta, giorno e notte. Per qualche letterato scellerato dei mondi centrali, descrivere in un racconto la poeticità ed il colore conferito dagli spacciatori e dalle puttane alle strade del quartiere di Las Rosas avrebbe causato orgasmi incontrollati alla nicchia culturale, solo presumibilmente, acculturata di cui avrebbero detto di far parte. Mentre sbatto i denti per il freddo e mi infilo cautamente e rapidamente per le strette vie tra le baraccate, ricordo di aver letto un libro di uno di questi idioti senza cervello: "Il Canto a Las Rosas". Per quanto io possa essere disgustato dai toni aulici e idilliaci del racconto, di per sè pure banale, non posso certo negare quanto la descrizione minuziosa di ogni quartiere e di ogni via di Maracay mi sia stata utile.
Svolto lesto nella strada che mi sta conducendo verso il mio prossimo paziente; medikit a tracolla, vesti logore; la semiautomatica in fondina riposa, non fiata da settimane oramai. La nuova formulazione del farmaco contro il Nyusu mi ha richiesto molte settimane di lavoro e molti fallimenti, forse questa è la volta buona. Forse.
Aggiro una pozzanghera sfruttando la parziale copertura di una tenda gualcita, mentre la baracca di destinazione compare nel nodo di stradine strette e curve. Un lampo squarcia il cielo creando ombre e forme che colpiscono la retina come visioni di fantasmi o terribili mostri.
Ne segue un altro e poi un altro ancora talmente ravvicinato che trovo difficile distinguerlo dal primo. Di nuovo mostri e forme indistinte animano le vie.
Arresto il passo, l'ho visto chiaramente: un uomo tra i bidoni di una baraccata è voltato verso di me, ha in mano qualcosa.
Mi volto e comincio a correre, percorrendo a ritroso la via fino a quel momento battuta: gli stivali pestano con insistenza fango e pozzanghere; svolto prima a destra, poi a sinistra; ogni tanto getto un'occhiata all'indietro e vedo quell'ombra che sta avendo ben più problemi di quanti ne abbia io.
Il rumore di uno sparo percorre l'aria, il proiettile sibila verso le mie gambe, senza colpirmi.
Passato quel singolo e brevissimo istante in cui realizzo di essere ancora vivo, scarto in un viottolo ancora più stretto.
Un altro sparo tuona nell'aria, questa volta davanti a me; il proiettile si conficca nel mio braccio; arpiono con lo sguardo una baracca accessibile e mi ci fiondo dentro con una tale violenza che anche se ci fosse stata una porta l'avrei scardinata.
Mentre il sangue sporca abiti e pavimento, trovo riparo dietro un mobile marcio, estraggo la mia pistola ed attendo in silenzio.
Sento qualcuno entrare, ne conto due.
<Neemar, sappiamo che sei qui, consegnati>
Riconosco la voce di un securer di Hall Point, uno dei miei collaboratori nel periodo passato come dipendente presso lo Skyplex.
Segue un fruscio, qualcuno letteralmente si materializza di fianco a me, mi afferra e mi scaraventa oltre il mobile, in balia degli altri due; cozzo sul suolo pestando il braccio ferito, la pistola mi sfugge dalla presa.
Rantolo.
<Bernardo Neemar, che piacere vederti>
Riesco appena a sollevare lo sguardo e noto che quello che mi ha appena lanciato si trova di nuovo accanto al compare... possiede un upgrade genetico.
<C'è qualcosa che vorresti dire prima di morire?>
Non rispondo, cerco di reagire, ma non ne sono in grado.
La pistola del securer si avvicina alla mia tempia, il sorriso beffardo e maligno sul volto di quell'uomo mi ricorda il mio molto tempo prima.

Il metallo che preme contro la mia tempia destra è freddo.
Qualcuno dice che nel momento finale della propria vita, si ripensi a tutto ciò che è stato, tutto ciò che sarebbe potuto essere e tutto ciò che non sarà.
E' una bella metafora per chi vuole insaporire il momento della morte, dargli un'aria solenne e importante; in fondo si dice sia il momento della redenzione o della condanna, il momento in cui ogni colpa viene catapultata davanti agli occhi in modo violento e chiaro.
Ma a parte il volto contratto e crudele del securer che mi fissa torreggiando dall'alto, io non vedo nulla; sento mia un'unica parola:

Fanculo

BLAM

I miei occhi si chiudono, mentre i due securer cadono a terra morti.

Nessun commento:

Posta un commento