lunedì 5 agosto 2013

Cleaner

Clang

La porta di sbarre si chiude dietro la mia schiena con un clangore roco di metallo vecchio ed arrugginito, non mi volto a guardare dietro di me, non mi volto a piangere la libertà e le amicizie che ho sacrificato.

Nelle sinapsi cerebrali si trasmette un solo segnale: La paura della gabbia.

Espiazione: C'è solo un modo per mondare davvero i tormenti della propria anima, continuare a soffrire finchè il suono assordante della sofferenza non sovrasta il lamento della colpa.
La colpa non si cancella, si sostiene, si sopporta, qualcuno ci si aggrappa e ne trae una forza incommensurabile, qualcuno non riesce neanche a sfiorarla e si brucia lentamente al calore della sua fiamma.
Visioni, allucinazioni e incubi sempre più forti, fino a non poterli sopportare, fino a piangere e a nascondere il volto tra le mani come un bambino.

Dopo qualche istante, per la prima volta osservo veramente la mia cella, grigia, semplice e scarna, un cessetto nell'angolo, una branda usurata ed un lavabo sbeccato in qualche punto.
Apro l'acqua, il suono di un getto irregolare sul marmo grigio mi entra nella testa come il suono di un martello pneumatico. Mi lavo il viso, sento le gocce scendere lungo i capelli corti e qualcuna si incastra nella barba... so che ripeterò quell'esperienza per diversi anni.

Mi giro, punto la branda e sto per muovermi, ma la trovo occupata.
Due gambe magre e piccole, gli abiti lisi, il volto bianco, le labbra viola, lo sguardo ritorto: quel bambino è ancora lì a fissarmi, anche dopo che ho confessato, anche dopo che ho finalmente smesso di essere un codardo.
Si scosta di lato, fluttuando sul materassino della branda e mi fa cenno con la mano di sedermi accanto a lui. Sospiro, non ho molto da fare ora, per un momento penso che avere visioni allucinanti non è definito sano dalla medicina moderna.
Ma è solo per un momento.
Infine mi siedo ed un cigolio accompagna il posarsi delle mie chiappe.

<Ti ringrazio> La voce cupa e spettrale di chi non appartiene a quel mondo
<...>
<Il tuo spirito ha smesso di urlare>
<... il mio spirito?>
<Si, tutti lo sentivano>
<Come?>
<Il tuo spirito è connesso al mondo dei morti, le sue urla erano nomi. Tu ci chiamavi a te>
<... per tormentarmi>
Il volto morto del bambino si anima in un sorriso
<Per confortarti>
<Eppure a me non sembra>
<Il codardo che c'è in te voleva essere confortato, per dimenticare, l'uomo buono che c'è in te, non voleva essere confortato, per poter ricordare, per poter soffrire>
<Voi non siete i miei demoni quindi...>
<Non lo siamo, tra di noi ci sono molti ragazzi, molti adulti, ma loro non vogliono avvicinarsi troppo a te>
<Perchè?>
<Perchè non avresti sofferto come volevi>
<... E voglio ancora soffrire?>
<Si>
<Per quanto tempo?>
<Sai rispondere a queste domande>
<... Sentirselo dire da qualcun altro, ogni tanto, rafforza le convinzioni>
<Per sempre, tu non sei capace di perdonare gli altri perchè non sei capace di perdonare te stesso>
<Per sempre è un tempo molto lungo>
<E' il tempo necessario, ma non temere>
<... il mio spirito ha smesso di urlare>
<Non sarà come prima>
L'immagine del ragazzino comincia a sbriciolarsi come polvere nell'aria, io conosco la risposta.
<... Perchè ho vinto sui miei demoni>
Il ragazzino sorride e scompare, la stanza torna scura e silenziosa. Qualche minuto dopo mi lavo nuovamente il volto, faccio una puntata al cessetto e torno infine a sedermi sulla branda.
Il mio pensiero va ai miei ex commilitoni, a cosa pensano di me ora. Ai miei nemici, posso quasi sentire le loro risa per vedermi ingabbiato come uno di loro.
Lelaine è là fuori, da qualche parte, mi chiedo se mi ama ancora, se verrà a trovarmi, mi chiedo se rivedrò mai Cane, se farò in tempo ad uscire di prigione per poter passare con lui qualche anno di vita prima che mi lasci.
Vorrei dirlo a Lelaine, adesso, che la amo, vorrei tanto dirglielo, vorrei tanto vederla sorridere, vorrei tanto legarla in questo modo a me. Ci vuole coraggio, un coraggio che sento mio ora.

<... Perchè ho vinto su me stesso>

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